Un esercito di pensionati: l’eredità delle baby pensioni e il costo per lo stato

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inastinewsNel primo gennaio 2024, l’Inps ha riportato un dato sorprendente: oltre 157 mila pensionati, che equivalgono a una città di media grandezza come Perugia o Livorno, ricevono una pensione di vecchiaia o anticipata da almeno 40 anni. Questa cifra include sia il settore pubblico che quello privato, con rispettivamente 62.034 e 95.045 pensionati, un’eredità di scelte previdenziali passate che continua a influenzare le finanze pubbliche.

La nascita di questo esercito di pensionati può essere fatta risalire agli anni Ottanta, quando una serie di riforme permisero alle dipendenti pubbliche con figli e almeno 14 anni, sei mesi e un giorno di contributi di ritirarsi dal lavoro senza considerare l’età anagrafica. Questo decreto, pur inteso a garantire maggiore sicurezza alle lavoratrici, ha aperto una voragine nei conti pubblici italiani, caricando l’erario di una spesa annuale di circa 2,4 miliardi di euro per le pensioni di vecchiaia erogate a queste categorie.

Le pensioni liquidate prima del 1980 sono innumerevoli e rappresentano una parte significativa di questo fenomeno. Per il settore privato, il numero delle pensioni con decorrenza anteriore al 1980 è di 18.717, mentre per il pubblico sono 13.311. L’età media al momento della liquidazione delle pensioni nel settore privato è di 52,3 anni con un assegno medio di 1.020 euro mensili; per il pubblico, l’età media è leggermente inferiore e l’assegno più elevato, pari a 1.607 euro al mese.

Il peso economico di queste pensioni è notevole: si stima che il costo annuale per le pensioni di vecchiaia erogate sia di circa 2,4 miliardi di euro. Questa spesa è dovuta all’enorme disparità tra gli anni di contribuzione e il numero di anni di pensionamento. Negli anni passati, era possibile concludere il lavoro a 52 anni con 36 anni di contributi, una situazione che ha portato a pensioni di lunga durata per molti ex dipendenti pubblici e privati.

Le riforme successive hanno tentato di arginare questa problematica. Il governo Monti e la ministra del Lavoro Fornero hanno introdotto il sistema contributivo pro-rata, cercando di uniformare le regole e limitare i costi per lo stato. Tuttavia, la transizione è stata lunga e complessa, con la riforma Dini che, pur modificando le regole, ha ancora permesso pensionamenti anticipati.

Il fenomeno delle baby pensioni rappresenta un capitolo significativo e costoso della previdenza italiana, il cui impatto economico è ancora oggi ben visibile nei bilanci pubblici. Mentre l’Italia si confronta con le sfide del presente, è fondamentale comprendere le radici storiche di questi costi per orientare meglio le future politiche previdenziali.