Corrado Augias, noto giornalista e scrittore italiano, ha condiviso un ricordo emblematico: il suo professore di filosofia, il primo giorno di liceo, chiese alla classe: “a che serve studiare?”. Dopo risposte convenzionali, il docente dichiarò: “ad evadere dal carcere” identificando l’ignoranza come una prigione che limita la comprensione e l’azione autonoma.
Chi non conosce, non capisce e non sa come agire, è infatti destinato a dipendere dagli altri.; non si tratta solo di mancanza di nozioni, ma di una condizione che priva della libertà di scegliere in modo autonomo e consapevole. Le persone prive di cultura e di strumenti critici devono continuamente chiedere aiuto, affidandosi a chi possiede conoscenza e capacità di giudizio. Questo significa che, nella vita quotidiana, chi non ha gli strumenti per comprendere la realtà è costretto a delegare la propria volontà a chi invece ne è padrone.
La storia è colma di esempi in cui la mancanza di istruzione ha reso intere popolazioni vulnerabili alla manipolazione. Socrate, condannato a morte nell’antica Atene, insegnava che la conoscenza è l’unico antidoto contro l’inganno e il dominio delle élite su masse inconsapevoli. La stessa democrazia moderna si fonda sull’idea che cittadini informati possano prendere decisioni libere e responsabili. Tuttavia, quando la capacità di comprensione viene meno, la società si espone a derive autoritarie: come scriveva Tocqueville, le menti deboli finiscono per invocare un “uomo forte” che pensi e decida per loro.
L’ignoranza non è un semplice stato di non conoscenza, ma un meccanismo che crea dipendenza. Chi non ha strumenti critici accetta le verità preconfezionate senza metterle in discussione, diventa terreno fertile per la propaganda e le narrazioni semplicistiche. Così, l’opinione pubblica si trasforma in una massa controllabile, incapace di distinguere tra verità e menzogna. Questo principio è stato sfruttato da regimi e leader politici per secoli, ma non è solo un fenomeno storico: nella società contemporanea, la diffusione di fake news e la scarsa alfabetizzazione funzionale rendono questo fenomeno ancora più insidioso.
Il peso dell’ignoranza nel mondo aziendale
Nel mondo dell’impresa, l’ignoranza può essere altrettanto dannosa. Un imprenditore o un manager che non comprende i cambiamenti del mercato, le dinamiche finanziarie o l’evoluzione tecnologica è destinato a fallire. Così come un individuo poco istruito deve affidarsi ad altri per prendere decisioni sulla propria vita, un’azienda priva di conoscenza e capacità analitica finisce nelle mani di consulenti, concorrenti o speculatori più scaltri.
L’”iceberg dell’ignoranza”, studiato da Sidney Yoshida, dimostra che i vertici aziendali conoscono solo una minima parte dei problemi reali delle loro imprese. L’incapacità di ascoltare chi possiede le informazioni – i lavoratori, i tecnici, i responsabili operativi – può condurre a decisioni errate e a un progressivo declino.
Inoltre, nelle aziende si manifesta spesso l’effetto Dunning-Kruger, secondo cui chi sa poco tende a sopravvalutare le proprie competenze. I manager che ignorano le proprie lacune prendono decisioni avventate, sottovalutano i rischi e non investono nella formazione, condannando l’impresa a perdere competitività.
L’unico antidoto è la conoscenza. Le imprese di successo sono quelle che investono nel sapere, valorizzano le competenze e promuovono una cultura basata sull’apprendimento continuo. Così come nella società, anche nell’economia l’ignoranza è una prigione: chi ne resta intrappolato è costretto a dipendere da chi sa di più, con conseguenze spesso irreparabili.