I cellulari ci ascoltano: la controversa tecnologia dell’active listening

inastinews

inastinewsPer anni, l’idea che i nostri smartphone potessero ascoltare le nostre conversazioni private è stata relegata nell’ambito della fantascienza o delle teorie complottistiche. Tuttavia, oggi, questa possibilità si sta avvicinando pericolosamente alla realtà, trovando riscontri sempre più concreti grazie a inchieste giornalistiche e rivelazioni preoccupanti. Il caso più recente coinvolge una tecnologia sviluppata da Cox Media Group (CMG), un’azienda statunitense che opera nel settore giornalistico e del marketing, e che ha perfezionato un sistema denominato “Active Listening”. Questa tecnologia consente alle applicazioni sugli smartphone e altri dispositivi connessi di captare elementi chiave delle nostre conversazioni e trasformarli in dati utili per la pubblicità mirata.

L’inchiesta, condotta da 404 Media, una testata online specializzata in tecnologia e fondata nel 2023, ha portato alla luce pratiche che sembrano confermare quanto molti utenti avevano sospettato da tempo. Attraverso una serie di documenti interni ottenuti da CMG, l’inchiesta ha mostrato come l’azienda utilizzi l’Active Listening per raccogliere informazioni vocali dagli utenti. Il processo inizia con la richiesta da parte di un cliente, solitamente una grande azienda, di condurre un ascolto attivo in un’area geografica definita. A quel punto, i microfoni degli smartphone o delle smart TV connessi alla rete diventano lo strumento principale per raccogliere informazioni dalle conversazioni quotidiane degli utenti, senza che questi ne siano consapevoli.

Il cuore di questa tecnologia sta nella capacità dell’intelligenza artificiale di CMG di isolare parole e concetti rilevanti, come “auto”, “viaggio” o “casa”, che possano fornire indizi sulle preferenze e necessità del consumatore. Questi dati vengono successivamente utilizzati per personalizzare le pubblicità che gli utenti vedono durante la navigazione in rete o sui social media. Ad esempio, chiunque abbia menzionato “vacanza a Roma” durante una conversazione potrebbe essere bersagliato da offerte di voli o hotel nella capitale italiana.

Le implicazioni etiche di queste pratiche sono profonde. Il fatto che le conversazioni personali possano essere utilizzate come merce per il marketing senza il consenso esplicito degli utenti rappresenta un potenziale attentato alla privacy su larga scala.

L’indagine di 404 Media ha anche rivelato che tra i principali clienti di CMG figurano giganti della tecnologia come Facebook, Google e Amazon. Di fronte alle accuse, le risposte delle aziende coinvolte sono state contrastanti: Amazon ha smentito ogni collaborazione con CMG, mentre Meta (società madre di Facebook e Instagram) ha ammesso di aver esaminato il sistema per verificarne la compatibilità con i propri termini di servizio. Google, dal canto suo, ha preso provvedimenti immediati, rimuovendo CMG dal proprio “Partners Program” e promettendo ulteriori misure per prevenire violazioni della privacy.

La tecnologia dell’Active Listening non è un caso isolato, ma si inserisce in un contesto più ampio di raccolta massiccia di dati personali da parte delle grandi aziende tecnologiche. L’ascesa dell’economia dei dati ha portato a un cambiamento radicale nel modo in cui la pubblicità viene veicolata. Gli utenti non sono più semplici spettatori, ma diventano essi stessi la materia prima. Le informazioni generate dalle loro azioni, dalle ricerche online fino alle conversazioni, sono trasformate in merce di scambio per una pubblicità sempre più personalizzata e invasiva.

Ma fino a che punto questa prassi è accettabile? La domanda fondamentale rimane se la capacità tecnologica debba sempre tradursi in azioni, specialmente quando si entra nel delicato campo della sorveglianza non autorizzata. Ciò che emerge chiaramente dall’inchiesta di 404 Media è un tema centrale che oggi gli imprenditori, i legislatori e i cittadini devono affrontare: come bilanciare l’innovazione tecnologica con i diritti fondamentali alla privacy e alla libertà personale.

Il mondo della tecnologia continua a muoversi a ritmi vertiginosi, ma forse è giunto il momento di fermarsi a riflettere su quali siano i confini etici da non oltrepassare. Mentre le aziende raccolgono e utilizzano dati in modi sempre più sofisticati, la protezione della privacy e della trasparenza nelle pratiche commerciali deve diventare una priorità assoluta.